Recensione: The Greatest Showman

Non so voi, ma tra tutti i generi disponibili sul mercato non ero mai stata pienamente convinta del genere musical. Sarà che mi ricorda molto i film di Disney Channel che guardavo da piccola (anche se High School Musical rimarrà sempre nel mio cuore) ma sono sempre stata molto scettica verso questo genere.

Sono sicura di non essere l’unica a provare un po’ di timore: è un genere difficile, che va equilibrato e costruito bene bilanciando le parti. Bisogna creare uno show ma con una base solida di trama e sceneggiatura perché rimanga un bel film. Insomma, è davvero dura.

Dopo questa premessa immaginerete che le mie aspettative erano molto basse per questo film, sarà riuscito a farmi ricredere?

The Greatest Showman è un film del 2017 diretto da Micheal Gracey e vede nel suo cast stelle come Hugh Jackman, Zac Efron e la bellissima Zendaya. Il film è stato prodotto dalla 20th Century Fox e in Italia è uscito nelle sale il 25 dicembre 2017.

Nessuno ha mai fatto la differenza restando come tutti gli altri

La differenza è forse il tema principale di questo film e, in un modo o nell’altro, collega tutti i personaggi. Si parla di differenza economica, come tra P. T. Barnum e la moglie, o di differenza fisica, nel caso di tutti i bizzarri membri del circo. La lotta per l’uguaglianza è sicuramente ammirevole e molto in linea con il pensiero di questi ultimi anni ma, nel personaggio di P. T., il protagonista, si perde un po’. Vediamo perché:

P. T. Barnum (Hugh Jackman), dopo essere stato licenziato, decide di comprare un grande museo nella speranza di mantenere la famiglia e di veder realizzati i sogni delle due figlie. Il museo non ha successo così a P. T. viene in mente di trasformarlo in un circo mostrando a tutta la città le stranezze e le meraviglie del mondo. Un successo. Le entrate aumentano così come la fama, tanto che l’intero gruppo di circensi viene invitato dalla regina in Inghilterra. Lì avviene l’incontro tra P. T. e Jenny Lind, una famosa cantante che colpisce subito il direttore. Viene organizzato un tour e il circo viene lasciato nelle mani di Philip Carlyle (Zac Efron) che cerca di portarlo avanti al meglio nonostante le minacce di alcuni cittadini della città, intolleranti verso quelle che definiscono delle mostruosità. Le minacce vengono mantenute e al circo viene dato fuoco. P. T., dopo aver litigato con Jenny, è costretto a tornare in città per ricostruire tutto ciò che ha perso.

Un aspetto che ho trovato abbastanza fastidioso è che P T viene inizialmente descritto come un personaggio ammirevole: fa di tutto per la sua famiglia, lotta per il suo circo, cerca di creare una famiglia per tutto il gruppo di circensi che è stato abbandonato dalla società per motivi di intolleranza dimostrando che ciò che conta è il talento e l’interiorità delle persone; non appena incontra Jenny Lind molla tutto, circo e famiglia, per rincorrere soldi e fama. La morale che, anche se un po’ scontata, aveva retto fino a quel momento, crolla in mille pezzi dimostrando che a P. T. non importava di niente se non dei soldi.

Un punto che va sicuramente a favore del film sono la colonna sonora. I balli e gli show sono organizzati in maniera stupefacente e non possono non coinvolgere lo spettatore. Le canzoni non sono mai banali ma rimangono orecchiabili. Ammetto che per smettere di canticchiare This Is Me ho impiegato una settimana.

Come detto all’inizio, il musical è un equilibrio di musica e trama: non è uno spettacolo ma neanche un film. The Greatest Showman è tutto spettacolo e niente film.
Mi spiego meglio: gli spettacoli sono emozionanti, quello si, però non appena finiscono il film non riesce a reggersi in piedi e ricade nella banalità. La morale non viene seguita, i personaggi non sono coerenti, la trama è già vista.

In conclusione, The Greatest Showman ha confermato le mie teorie sul genere ma non smetterò di cercare un grande musical che mi faccia cambiare idea. Alla fine, se La La Land è uscito così bene vuol dire che delle possibilità ci sono, no? 😉

Voto: 6.5/10

Personaggio preferito: Philip Carlyle

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